L’Amministratore ha il preciso dovere di curare l’osservanza del regolamento condominiale (art. 1130 c.c.1° comma n. 1).
Le considerazioni generali che seguono hanno lo scopo di evidenziare, sia pure sinteticamente, gli aspetti principali della materia allo scopo di fornire all’Amministratore elementi utili a svolgere il proprio incarico e adempiere al proprio dovere.
1) Gli adempimenti dell’Amministratore
2) Il regolamento obbligatorio
3) Il regolamento facoltativo
4) Il regolamento assembleare
5) Il Regolamento “contrattuale”
Gli adempimenti dell’Amministratore
L’art. 1130, n. 1 c.c. elenca tra le attribuzioni dell’amministratore il dovere di “curare l’osservanza del regolamento di condominio”. Ecco gli adempimenti che l’Amministratore avrà cura di attuare ai fini di rispettare la legge e non incorrere in responsabilità. a) In primo luogo l’Amministratore verificherà il contenuto del regolamento alla luce della riforma del diritto condominiale in vigore dal 18 giugno 2013. Il regolamento vigente nel condominio, sia assembleare che contrattuale, potrebbe infatti contenere disposizioni in contrasto con la nuova legge condominiale (Legge 220/2012 entrata in vigore il 18 giugno 2013). A tale proposito si ricorda quanto segue. Le “Preleggi” (ossia le disposizioni sulla legge in generale che precedono il testo del codice civile), statuiscono il principio generale per il quale la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo (art. 11 Preleggi).
La legge 220/2012, irretroattiva in forza dei principii appena visti, non contiene le “norme transitorie” ossia quelle disposizioni che disciplinano il graduale adeguamento della nuova normativa rispetto a quella previgente. Per risolvere la questione con riferimento al regolamento di condominio, si ricorre all’applicazione del principio sancito nell’art. 155 disp.att. codice civile, a norma del quale le disposizioni dell’allora (anno 1942) nuovo codice civile concernenti la revisione dei regolamenti di condominio e la trascrizione di essi si applicano anche ai regolamenti approvati prima del 28 ottobre 1941. Lo stesso art. 155 disp. att. dispone altresì espressamente che cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dell’art. 1138 e nell’art. 72 disp. att.: vale a dire le norme condominiali “inderogabili”.
Si può dunque concludere che i regolamenti di condominio contrattuali vigenti alla data del 18 giugno 2013 mantengono inalterata la loro validità; se però contengono clausole che siano divenute, a seguito della nuova normativa, contrarie a norme inderogabili, tali clausole saranno nulle e saranno sostituite di diritto dalla nuova norma imperativa. Il regolamento continuerà ad essere valido per tutto il resto del suo contenuto.
Allo stesso modo la nuova normativa inderogabile sarà applicata di diritto, anche se nessuna disposizione al riguardo è contenuta nel regolamento, e senza necessità di specifica modifica/integrazione del regolamento stesso.
b) In secondo luogo, l’Amministratore dovrà accertarsi sulla natura “assembleare” o “ “contrattuale” del regolamento, stante la diversa valenza dei loro contenuti, di seguito illustrata. In particolare, in caso di regolamento contrattuale sarà utile verificare la nota di trascrizione dello stesso al fine di valutare le conseguenze di validità/opponibilità di determinate clausole, come pure di seguito si dirà.
c) Quanto alla individuazione dei soggetti tenuti all’osservanza del regolamento va ricordato che, in base a costante giurisprudenza della Suprema Corte, sono tenuti all’osservazione del regolamento, sia esso contrattuale o assembleare, non solo il condomino proprietario locatore ma anche il suo conduttore in locazione.
d) Avutane notizia a seguito di segnalazione da parte dei condomini, oppure verificata personalmente l’esistenza di una inosservanza del regolamento, l’Amministratore: - procederà preliminarmente agli accertamenti del caso per verificare la sussistenza concreta della violazione e la individuazione dei soggetti responsabili - invierà al/ai soggetto/soggetti responsabili una comunicazione scritta contenente la contestazione della violazione e la relativa richiesta di eliminazione (cessazione del comportamento e/o rimozione di opere e/o rimessione in pristino). Qualora il Regolamento contenesse specifiche disposizioni al riguardo, l’amministratore ne terrà debito conto.
In tali adempimenti l’Amministratore agisce nella sua veste di rappresentante del Condominio (art. 1131 c.c.) nei limiti delle sue attribuzioni (art. 1130 c.c.). Qualora la violazione persista, l’Amministratore potrà ricorrere all’Autorità Giudiziaria senza necessità di specifica autorizzazione assembleare, rientrando tale iniziativa nelle proprie attribuzioni; in base a costante giurisprudenza della Suprema Corte, l’autorizzazione dell’assemblea è infatti richiesta solo per le liti attive e passive che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore. Non sarà necessario neppure l’esperimento della procedura di mediazione finalizzata alla conciliazione: infatti, ai sensi del D.Lgs. 28/2010, tale obbligatorietà è esclusa per i “procedimenti sommari” ( procedimento d’urgenza (art. 700 c.p.c.), accertamento tecnico preventivo (art. 696 c.p.c.), consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ( art. 696 bis c.p.c.), procedimenti possessori) ai quali l’Amministratore può ricorrere per fare cessare la violazione del regolamento.
Diversamente, qualora fosse necessario rivolgersi all’Autorità Giudiziaria con un procedimento ordinario sarebbe necessario l’esperimento obbligatorio della procedura di mediazione, con la necessità di preventiva autorizzazione dell’assemblea (delibera da assumersi con la maggioranza di cui all’art. 1136, 2° comma c.c. (art. 71 quater disp.att.c.c.). e)L’art. 70 disp.att. c.c. dispone che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200,00 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800,00. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui all’art. 1136, 2° comma c.c.: si tratta pertanto di materia di competenza dell’assemblea, non rientrando nella attività di esecuzione e di “cura” dell’osservanza del regolamento, attribuita invece all’Amministratore. Il Regolamento potrà peraltro validamente contenere clausole che disciplinino le modalità di verifica e di contestazione delle infrazioni, e le conseguenti irrogazioni delle sanzioni: clausole delle quali l’Amministratore dovrà tenere debito conto.
2) Il regolamento obbligatorio L’art. 1138, 1° comma codice civile dispone che quando in un edificio il numero dei condomini (ossia di “intestatari” delle rispettive proprietà/comproprietà) è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento che contenga norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro architettonico dell’edificio e quelle relative all’amministrazione. Il regolamento obbligatorio potrà essere “assembleare” o “contrattuale”. L’inosservanza della norma non comporta però alcuna sanzione né alcuna impossibilità di gestione del condominio. Ed infatti, in assenza di regolamento che sarebbe obbligatorio per legge, si applicheranno il codice civile e la specifica normativa condominiale in esso contenuta (artt. da 1117 a 1139), le leggi successive al codice civile emanate in materia condominiale, le delibere regolarmente assunte dalla assemblea secondo le maggioranze di legge, nonchè i provvedimenti presi dall’Amministratore nell’ambito dei suoi poteri (art. 1133 c.c.).
3) Il regolamento facoltativo Anche nei casi in cui non sussistano i presupposti legali dell’obbligatorietà, e dunque il regolamento di condominio sia facoltativo, esso può venire predisposto ed approvato sia nella forma del regolamento “assembleare” sia di quello “contrattuale”, e va rispettato al pari di quello obbligatorio per legge.
4) Il regolamento assembleare Il “regolamento assembleare” è l’unico regolamento disciplinato dal codice civile. L’art. 1138, 2° comma c.c. precisa che ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente. L’art. 1138, 3° comma c.c. dispone che il regolamento assembleare è approvato dall’assemblea con la maggioranza qualificata, che deve sempre sussistere sia in prima che in seconda convocazione, di cui all’art. 1136, 2° comma c.c. (numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio). Anche per la validità del regolamento assembleare, così come per quello “contrattuale” è richiesta la forma scritta ad substantiam, ossia quale elemento essenziale per la sua validità. L’art. 1138, 3° comma c.c. dispone che il regolamento deve essere allegato al registro dei verbali e delle assemblee, attualmente disciplinato dall’art. 1130, n. 7 c.c.. Se l’assemblea non delibera l’approvazione del regolamento, nessun regolamento potrà essere imposto dall’Autorità Giudiziaria, perché ciò sarebbe in contrasto con i principi di autonomia e autoregolamentazione che sono proprie del regolamento condominiale.
Il contenuto del regolamento assembleare è specificato nell’art. 1138, 1° comma (norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, norme per la tutela del decoro architettonico dell’edificio e quelle relative all’amministratore); tale competenza normativa resta però limitata nell’ambito delle disposizioni del codice civile; infatti le norme che non sono per legge dichiarate inderogabili possono essere modificate solo con l’unanimità dei consensi di tutti i partecipanti al condominio, ossia con il regolamento contrattuale. Saranno dunque nulle nel regolamento assembleare le clausole che: - prevedono deroghe a norme di legge derogabili - pongono limiti-vincoli all’uso delle cose comuni - incidono sui diritti di proprietà dei singoli, ossia disciplinino materie riservate al regolamento “contrattuale”. La nullità delle singole clausole non comporterà in ogni caso l’invalidità delle altre disposizioni, e le clausole nulle si intenderanno sostituite di diritto da quelle previste dalla legge. 5) Il regolamento contrattuale 5)a) Formazione del regolamento contrattuale Il “regolamento contrattuale” non è menzionato né trova disciplina nella normativa condominiale; tale assenza di specifica normativa, unitamente alla peculiarietà della sua formazione e del suo contenuto, hanno dato origine a dibattiti dottrinari che hanno evidenziato il contrasto, quasi una contraddizione in termini, tra i due concetti di “regolamento” (che contiene norme destinate a disciplinare il funzionamento di un ente e/o di un rapporto)) e di “contratto” (che è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale). Non approfondendo in questa sede tali tesi dottrinarie, si continuerà qui a fare riferimento al “regolamento contrattuale” usualmente inteso e disciplinato sulla base dei principii sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione. Normalmente, il regolamento “contrattuale” viene: - redatto dall’originario unico proprietario - allegato al primo rogito di vendita (dunque al momento della costituzione del condominio) - materialmente allegato ai rogiti successivi oppure richiamato espressamente negli stessi. Nell’un caso (regolamento materialmente allegato all’atto) risulta pacifica la formazione dell’accordo tra le parti, che costituisce elemento essenziale per la validità del contratto: l’acquirente prende diretta conoscenza del contenuto del regolamento al rispetto del quale sarà tenuto come partecipante al condominio. Nell’altro caso (espresso richiamo a regolamento allegato ad altro atto) la Cassazione ha ritenuto che il regolamento entra a far parte integrante del contenuto dei singoli contratti di vendita/acquisto, ritenendosi così realizzato per relationem (ossia in base ad una relazione/collegamento tra due atti) l‘accordo che è elemento essenziale del contratto. Tale fattispecie può peraltro far sorgere dubbi circa la validità della formazione dell’accordo su determinate clausole aventi natura prettamente “contrattuale” (come meglio si dirà più avanti) che possono ritenersi “vessatorie” con riferimento alla disciplina contenuta nel “Codice del Consumo” D. Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 e D. Lgs. 23 ottobre 2007 n. 221. Tale disciplina, applicabile ai casi di vendita da parte di costruttore/venditore “professionista” (“persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”) a soggetto “consumatore” (“persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”): - prevede la nullità delle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 33, 1° comma) - elenca le clausole che, in aggiunta a quelle già specificate nel codice civile, si presumono vessatorie fino a prova contraria (art. 33, 2° comma) - indica i criteri di accertamento della vessatorietà, che viene esclusa quando la clausola o i suoi elementi sono stati oggetto di trattativa individuale (art. 34), - specifica i criteri interpretativi (art.35) - statuisce la nullità di determinate clausole benchè siano state oggetto di trattativa: tra queste rientra quella che prevede l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto (art. 36, lett. c) 2° comma). La nullità sancìta dal Codice del Consumo opera solo a favore del consumatore, può essere rilevata d’ufficio dal giudice, e lascia inalterata la validità del contratto per tutto il resto. 5)b) Trascrizione del regolamento In primo luogo si ricorda che la trascrizione è ammessa solo nei casi previsti dalla legge; si può eseguire solo in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Per eseguire la trascrizione di atti tra vivi occorre presentare all’Ufficio dei Registri Immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni, insieme con la copia del “titolo” ossia dell’atto che si trascrive, una “nota di trascrizione”in doppio originale che deve contenere tutti gli elementi indicati dalla legge (dati anagrafici e fiscali delle parti, tutti i dati del titolo di cui si chiede la trascrizione, la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo). La legge 220/2012 (Riforma del condominio) ha aggiunto all’elenco degli elementi appena visti la frase “Per i condominii devono essere indicati l’eventuale denominazione, l’ubicazione e il codice fiscale”.
La nota di trascrizione rappresenta la misura della pubblicità e dunque della “opponibilità” del titolo, i terzi non sono tenuti a visionare l’intero contenuto dell’atto trascritto: è il principio della c.d. “autosufficienza” della nota di trascrizione. La Cassazione ha anche precisato che, nel caso di divergenza tra i dati riportati nella nota e quelli desumibili dal regolamento, sono i primi a dover prevalere in quanto il contenuto della nota di trascrizione rappresenta la misura in cui il titolo è reso pubblico, nè i terzi sono tenuti a consultare il titolo costituito dal regolamento contrattuale per verificare eventuali errori o discordanze. Torniamo ora alla trascrizione del regolamento di condominio, non senza in ogni caso ricordare le considerazioni più sopra esposte in materia di Codice del Consumo, la normativa del quale dovrà essere tenuta in debito conto nella sussistenza dei relativi presupposti (stipula di contratto di vendita tra “professionista” e “consumatore” secondo le definizioni date dal Codice stesso, riportate al punto 5)a che precede).
Se predisposto dall’originario unico proprietario/costruttore/venditore, il regolamento viene trascritto unitamente al primo atto di vendita al quale viene materialmente allegato. Il regolamento viene poi espressamente richiamato, con la menzione dei relativi dati di trascrizione, nei successivi atti di vendita, ai quali può essere ancora, o meno, materialmente allegato. Il regolamento contrattuale può venire predisposto e/o modificato in un momento successivo alla costituzione del Condominio, su iniziativa dei condomini che lo approvano espressamente con il loro unanime consenso. Per procedere alla sua trascrizione occorrerà che il regolamento venga redatto nella forma della scrittura privata autenticata, come richiesto dalla legge. L’autenticazione della scrittura privata consiste nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale (notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato) che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive (art. 2703 c.c.). In questo caso il regolamento contrattuale viene trascritto in via autonoma, nella forma della scrittura privata autenticata, indipendentemente da atti di trasferimento di proprietà. Quando il regolamento contrattuale è trascritto, esso è “opponibile” nei confronti degli acquirenti, e/o aventi causa a qualunque titolo dagli originari condomini, pur in assenza di una specifica approvazione nei singoli atti di trasferimento.
Se il regolamento contrattuale non è trascritto non sono opponibili, a chi acquista le singole unità immobiliari in epoca successiva alla formazione del regolamento stesso, le clausole aventi natura “contrattuale”. A meno che il regolamento, benché non allegato materialmente, non sia espressamente richiamato nell’atto di acquisto con specifico riferimento al vincolo limitativo esistente: in tal caso il vincolo scaturisce dalla accettazione delle disposizioni del regolamento. Analoga accettazione si configurerebbe ogni qualvolta i successivi acquirenti dichiarassero espressamente, con atto scritto in modo chiaro e inequivocabile, di accettare le disposizioni del regolamento non trascritto; in tal caso le disposizioni stesse saranno vincolanti anche per loro. Particolare rilievo va dato alla giurisprudenza della Cassazione in materia di clausole limitatrici della destinazione delle proprietà esclusive. La Suprema Corte ha sancìto il principio per cui la previsione di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, contenuta nei regolamenti contrattuali, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obbligazioni propter rem. Pertanto l’opponibilità ai terzi di tali limiti va regolata secondo le norme proprie della servitù, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso; nella nota di trascrizione vanno pertanto indicate espressamente, ai sensi dell’art. 2659 comma 1, n. 2 c.c. e art. 2665 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento contrattuale (Cass. 18 ottobre 2016 n. 21024 e, nello stesso senso, Cass. 31 luglio 2014 n. 17493 e Cass. 13 giugno 2013 n. 14898). Risulta dunque evidente la fondamentale rilevanza della nota di trascrizione, che, ai fini dell’opponibilità ai “terzi” ossia ai successivi acquirenti e/o aventi causa a qualunque titolo dagli originari condomini, deve contenere espressamente le clausole “contrattuali” limitatrici della destinazione della proprietà esclusiva. Per completezza di informazione, si segnala altra pronuncia della Suprema Corte con la quale la stessa ha precisato che l’obbligo dell’acquirente di rispettare il regolamento da predisporre in futuro a cura del costruttore non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente poiché è solo il concreto richiamo nel singolo atto di acquisto ad un determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, per relazione, di tale atto. Il regolamento di condominio predisposto dall’unico originario proprietario vincola i successivi acquirenti, quanto alla restrizione dei poteri e delle facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca; a tale scopo è anzitutto necessario che esso sia accettato dagli iniziali acquirenti: solo se i vincoli gravino sul primo proprietario può porsi il problema del trasferimento di essi ai successivi acquirenti.
E’ in tale ipotesi, e solo in tale ipotesi, che può rilevare la trascrizione. La Cassazione ha precisato che il rapporto tra approvazione del regolamento e trascrizione dello stesso va chiarito nei seguenti termini: a) il regolamento condominiale che contenga limitazioni ai diritti di proprietà dei singoli condomini deve essere approvato da tutti i partecipanti al condominio con atto di natura negoziale; b) per avere efficacia nei confronti dei successori a titolo particolare di coloro che hanno approvato dette limitazioni devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari; c) la trascrizione non è tuttavia necessaria se il regolamento è richiamato nei singoli atti di acquisto, perché in questo caso il vincolo scaturisce non dalla opponibilità, ma dalla accettazione delle disposizioni che limitano i diritti dominicali dei singoli. (Cass. 7 novembre 2016 n. 22582) 5)c) Contenuto specifico ed esclusivo del regolamento contrattuale Oltre alle materie per legge disciplinate dal regolamento assembleare (art. 1138, 1° comma: norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, norme per la tutela del decoro architettonico dell’edificio e quelle relative all’amministratore), il regolamento contrattuale può validamente disporre nelle seguenti materie. Deroghe alle norme derogabili Con il regolamento contrattuale si può derogare alle norme di legge derogabili.
Di seguito alcuni esempi di deroghe regolamentari consentite. Art. 1102 c.c. Al bene comune può essere imposto il vincolo ad una determinata destinazione, e/o il suo uso/godimento da parte dei condomini può essere limitato e/o disciplinato in maniera specifica. Art. 1117 c.c. Il bene comune può essere concesso in uso esclusivo a favore di una unità immobiliare facente parte del condominio, con conseguente sottrazione del bene al godimento degli altri condomini, ferma restando la sua destinazione “comune” (es. lastrico solare.) Art. 1117 c.c. Il bene comune può essere riservato in proprietà esclusiva a favore dell’originario proprietario e/o di un condomino e/o di un terzo. La titolarità esclusiva comporta il diritto di sfruttamento anche economico ma non fa comunque venir meno l’obbligo di rispettare la destinazione “comune”(es. tetto). Artt. 1123, 1124, 1125, 1126 c.c. Tutte le norme in materia di ripartizione di spese sono derogabili. Dunque si possono prevedere criteri di ripartizione di spese difformi da quelli contenuti nel codice civile. Art. 1127 c.c. In deroga all’art. 1127 c.c. si può vietare l’esercizio del diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell’ultimo piano e al proprietario esclusivo del lastrico solare. Art. 61, 62 disp.att.c.c. Si possono disciplinare in maniera diversa da quanto previsto dal codice i presupposti per lo scioglimento del condominio e/o vietare lo scioglimento del condominio. Art. 67 disp. att. c.c. Fermo restando il diritto (inderogabile) del condomino di partecipare all’assemblea non personalmente ma facendosi sostituire da altro soggetto, è possibile regolamentare le concrete modalità di esercizio, ad esempio ponendo limitazioni più restrittive di quelle previste dalla legge, in ordine al numero di deleghe che ciascun delegato può portare in assemblea, oppure limitando la rappresentanza solo a determinate categorie di persone. Sempre che non si tratti di limiti irragionevoli o che, nella loro applicazione concreta, siano comunque lesive del diritto alla rappresentanza. Limitazioni a carico delle proprietà esclusive Si possono validamente imporre limitazioni che comprimono le facoltà di utilizzazione e di destinazione dei beni di proprietà esclusiva da parte dei singoli proprietari. Tali divieti possono essere formulati mediante elencazione delle attività non consentite, oppure mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare. Nel primo caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o meno, è sufficiente verificare se essa risulti compresa nell’elenco; nel secondo invece è necessario accertare l’effettiva capacità della destinazione realizzata a provocare gli inconvenienti cui si vuole ovviare. Per le clausole che contengono tali limitazioni non è ammissibile una interpretazione estensiva, nè tantomeno analogica. Si può prevedere il divieto di recupero abitativo dei sottotetti di proprietà esclusiva. Decoro architettonico E’ possibile definire nel regolamento contrattuale il concetto di decoro architettonico in maniera rigorosa e specifica in relazione al particolare edificio, prevedendo il divieto di immutazione del bene comune fino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva.
Preventiva autorizzazione assembleare Sono legittime clausole che richiedono la preventiva autorizzazione assembleare per opere di modifiche da parte dei singoli condomini. Va peraltro ricordato che la delibera che immotivatamente non autorizza l’opera, in sè lecita perchè rientrante nell’ambito delle attribuzioni consentite al singolo proprietario, potrà essere ritenuta illegittima e nulla in quanto viziata da eccesso di potere. Immissioni Si possono imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelle stabilite dall’art.844 c.c.: ad es. imponendo specifici divieti di esercitare determinate attività rumorose, e/o indicando parametri di riferimento utili per la valutazione concreta degli elementi che rendono “intollerabile” e dunque illegittima l’immissione. Interessi per ritardo nei pagamenti Il regolamento contrattuale può validamente prevedere che siano applicati, in caso di ritardo nei pagamenti degli oneri condominiali, senza necessità di costituzione in mora a partire dalla scadenza del termine di pagamento, gli interessi legali previsti dal D.Lgs. 9/11/2012 n. 192 per i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali. 5)d) Limiti del regolamento contrattuale L’art. 1138, 4° comma c.c. dispone che le norme del regolamento in nessun caso possono derogare alle disposizioni delle norme di legge inderogabili elencate nell’art. 1138, 4° comma e nell’art. 72 disposizioni di attuazione del codice civile.
Le norme di legge inderogabili sono le seguenti: Art. 1118, 2° comma c.c. a norma del quale il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Art. 1119 c.c. a norma del quale le parti comuni non sono soggette a divisione a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino, e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio. Art. 1120 c.c. che disciplina le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, indicando altresì, oltre agli specifici quorum deliberativi, in quali casi le innovazioni sono da ritenersi vietate. Art. 1129 c.c. che, dal giugno 2013 a seguito della Riforma della legge condominiale, disciplina in maniera articolata e dettagliata la nomina, la revoca e gli obblighi dell’Amministratore. Art. 1131 c.c. che disciplina la rappresentanza in giudizio del Condominio da parte dell’Amministratore. Art. 1132 c.c. che disciplina il dissenso dei condomini rispetto alle liti. Art. 1136 c.c. che disciplina la costituzione dell’assemblea e la validità delle sue deliberazioni. Art. 1137 c.c. che disciplina la materia della impugnazione delle delibere assembleari avanti l’Autorità Giudiziaria, ivi compresa la possibilità di chiedere la sospensione della esecutività della delibera impugnata. Art. 1138, 5° comma, c.c. introdotto ex novo dalla Riforma, che così recita: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. La collocazione di tale “divieto di vietare” immediatamente successiva al 4° comma che elenca le norme inderogabili, porta a far ritenere inderogabile anche tale imposizione. Art. 63 disp. att. c.c. che disciplina la riscossione dei contributi da parte dell’Amministratore, le azioni dei creditori del Condominio nei confronti dei singoli condomini, la possibilità di sospensione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato a carico del conduttore moroso, la responsabilità solidale del nuovo proprietario con il venditore per il pagamento dei contributi del biennio (anno in corso e anno precedente), la responsabilità solidale del venditore con il compratore nuovo condomino per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’Amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Art. 66 disp. att. c.c. che disciplina la convocazione dell’assemblea, ordinaria e straordinaria, le modalità di invio e il contenuto dell’avviso di convocazione, la possibilità per l’amministratore di fissare più riunioni consecutive. Art. 67 disp.att.c.c. che disciplina l’intervento in assemblea di rappresentante del condomino, le deleghe, il diritto di voto in caso di proprietà indivisa e in caso di usufrutto, la responsabilità solidale del nudo proprietario e dell’usufruttuario, le assemblee dei Supercondominii con più di 60 partecipanti complessivi aventi ad oggetto la gestione ordinaria e la nomina dell’amministratore. Art. 69 disp. att.c.c. che disciplina la rettifica/modifica delle tabelle millesimali e la convocazione in giudizio del Condominio in persona dell’amministratore nei giudizi aventi ad oggetto la revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento ai sensi dell’art. 68 . L’art. 1138, 4° comma c.c. disciplina esclusivamente il regolamento di condominio “assembleare”, nulla prevedendo la normativa condominiale in ordine al cosiddetto regolamento “contrattuale”. Se il divieto di cui all’art. 1138, 4° comma si dovesse ritenere applicabile solo al regolamento assembleare, ci si domanda: il regolamento contrattuale può derogare alle norme dichiarate inderogabili dall’art. 1138, 4° comma c.c. e dall’art. 72 disp.att.c.c. ? Dottrina e giurisprudenza hanno affrontato la questione arrivando a conclusioni a volte in parte non del tutto condivise, che si ritiene peraltro di poter così riassumere: la modifica delle norme dichiarate inderogabili dall’art. 1138, 4° comma c.c. non è ammessa neppure nel caso della unanimità, dunque il divieto è esteso anche ai regolamenti contrattuali; eventuali clausole contenute nel regolamento contrattuale che deroghino a norme di legge inderogabili saranno pertanto da ritenersi nulle. La nullità delle singole clausole non comporterà l’invalidità delle altre disposizioni, e le clausole nulle si intenderanno sostituite di diritto da quelle previste dalla legge.
Eventuali deroghe a norme inderogabili contenute in un regolamento “contrattuale” potranno essere ritenute valide solo se dirette a perseguire interessi da ritenere meritevoli di tutela e/o ad imporre limitazioni più rigorose rispetto a quanto previsto dalla legge (ad esempio in materia di deleghe in assemblea), a condizione che non vengano meno le finalità essenziali della normativa dettata dal legislatore a tutela della collettività condominiale, ivi compresa la possibilità concreta dell’esercizio dei propri irrinunciabili diritti da parte dei partecipanti al condominio. 5)e) Clausole “contrattuali” e clausole “regolamentari” Il regolamento contrattuale può contenere clausole sia di carattere “contrattuale” sia di natura semplicemente “regolamentare”. Al fine di determinare la natura della clausola occorre valutare il suo contenuto, non rilevando il fatto che essa sia ricompresa o meno in un “regolamento contrattuale”. L’approvazione all’unanimità delle disposizioni di regolamento di condominio non conferisce alle stesse e per ciò solo natura contrattuale.
Per considerare “contrattuali” le clausole del regolamento non basta che esse siano accettate da tutti i condomini, e che si trovino contenute in un regolamento contrattuale: occorre che siano tali da comportare limitazioni dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o sulle proprietà comuni ovvero che attribuiscono ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto ad altri; ovvero ancora che modificano norme di legge derogabili (ad es. i criteri di ripartizione delle spese).
Tutte le altre clausole, aventi oggetto diverso da quelli appena visti, hanno natura “regolamentare” nonostante siano contenute in un regolamento contrattuale. 5)f) Modifica del regolamento contrattuale Per la modifica di clausole di regolamento contrattuale, aventi natura “contrattuale” come sopra specificato, è richiesto il consenso unanime manifestato in forma scritta da tutti i condomini. E’ invece sufficiente una deliberazione maggioritaria dell’assemblea per apportare variazioni al regolamento che non abbiano natura contrattuale ma semplicemente regolamentare, ad es. quelle che abbiano ad oggetto l’ordinaria amministrazione e il miglior godimento della cosa comune.
Dunque l’unanimità dei consensi per la modifica di clausole contenute in un regolamento contrattuale è richiesta per le sole clausole aventi natura contrattuale e non per quelle aventi natura regolamentare, per la modifica delle quali è sufficiente la delibera a maggioranza ai sensi dell’art. 1136, 2° comma. (26 febbraio 2018)
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